"Natale con i tuoi ... e Pasqua con chi vuoi" come recita il detto popolare. E a Villa Ersilia non si è fatta eccezione.
Sabato 21 dicembre si è organizzata una festa di Natale contemporanea: una aperi-pranzo
... se esistono gli aperi-cena possono esistere anche gli aperi-pranzo, no?!
Nel mese precedente alcuni residenti hanno partecipato ad un laboratorio che si prefiggeva di costruire addobbi proprio per quell'evento: palline decorative fatte con cotone colorato, centrotavola e biglietti di auguri per i parenti.
La sala da pranzo e il salone comune sono state adornate con tovaglie rosse, centro tavola composto da vasetti, sale e pigne e musiche di sottofondo natalizie. Il tutto collocato in modo da creare la possibilità per piccoli spazi privati in cui poteva sostare il nucleo familiare.
L'aperitivo era composto da crostini misti di pane morbido, affettato, pizza rossa, piadine, pasta fredda, verdure miste gratinate, patate al forno, patatine e popcorn. Per finire il classico tiramisù e spumante.
L'aria che si respirava era di convivialità e bisogno di stare assieme. I familiari partecipanti sono stati una ventina e il numero così alto non può fare altro che restituisci un feedback positivo.
Le persone che ruotano intorno alla persona fragile, soprattutto se familiari costituiscono uno degli elementi cardine della "protesi" in rapporto dialettico con le altre due componenti ovvero lo spazio fisico e con i programmi/attività.
In questa logica la famiglia viene considerata come parte essenziale e il lavoro dei professionisti è volto alla ricerca del benessere del malato ma anche di chi del malato se ne occupa ed è quindi finalizzato a sostenere il familiare e in generale i caregiver informali. Al tempo stesso la famiglia è da considerarsi come risorsa, sia come depositaria del sapere biografico essenziale per capire e aiutare la soggettività e indirizzare una progettazione individualizzata sia in quanto coinvolta direttamente del processo di cura.
In questo contesto i parenti spesso soffrono di un senso di colpa di aver "abbandonato" il familiare (solitamente genitore) a volte accompagnato da un senso di rifiuto della malattia come atto di difesa, talora cercando di "controllare" la malattia di "impedire" l'evoluzione ma questo porta inesorabilmente alla sconfitta personale e psicologica del familiare. Le perdite della malattia diventano le sue sconfitte, i suoi obiettivi non raggiunti, i suoi sensi di colpa.
Bordin (1979) definisce l'alleanza come "un reciproco accordo riguardo agli obiettivi del cambiamento e ai compiti necessari per raggiungere tali obiettivi, insieme allo stabilirsi dei legami che mantengono la collaborazione tra i partecipanti al lavoro terapeutico". Si ricerca quindi un'alleanza terapeutica attraverso un coinvolgimento nella progettazione, una condivisione di scopi e definizione di compiti nel qui ed ora. Per riuscire a consolidare questo processo è stata organizzata una riunione di fine anno con l'intento di coinvolgere i familiari nella comprensione delle attività di animazione (focalizzandosi sul Modello Centrato sulla Persona di Tom Kitwood) e fisioterapiche oltre che avere un ritorno sulle eventuali problematiche per quanto concerne i servizi offerti all'interno della struttura ed eventuali soluzioni.
Devo dire che personalmente è stato un bel momento, non solo perchè ho potuto rendere partecipi i parenti circa il lavoro di animazione/educazione ma anche perché ho restituito la fiducia che ci viene consegnata ogni qualvolta una persona ci affida un proprio caro, iniziando a costruire un filo rosso che ci vede legati nel procedere verso un unico fine: la qualità di vita delle persone che abitano Villa Ersilia.
Nicole Savoia